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Recovery Plan: come verranno spesi i 68,9 miliardi per la rivoluzione green?

Il Recovery Plan, o meglio il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è una grande speranza per l’Italia. La discussione sugli oltre 200 miliardi in dote all’Italia ha generato un grandissimo dibattito dentro le istituzioni e nel Paese.

Non sappiamo quale sarà l’evoluzione del dibattito politico, ma riteniamo che l’analisi dei numeri sia propedeutica per esprimere qualunque giudizio. La bozza discussa dal Consiglio dei Ministri prevede sei grandi missioni:

  • Digitalizzazione, innovazione, competitività;
  • Rivoluzione verde e transizione ecologica;
  • Salute;
  • Infrastrutture per la mobilità;
  • Istruzione, formazione, ricerca e cultura;
  • Equità sociale, di genere, territoriale.

Come già programmato nel Next Generation EU, i capisaldi della ripresa dovranno essere “green” e “digital”, anche per questo i capitoli riguardanti innovazione e transizione ecologica assorbono più della metà delle risorse complessive.

Come GreenGo consulting abbiamo voluto semplificare e sintetizzare le voci riguardanti la seconda missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, per capire quali saranno le linee di indirizzo e gli investimenti per cui sono previsti 68,9 miliardi di euro.

Questi fondi, tra l’altro, non saranno gli unici ad avere un impatto sull’ambiente e sulla sostenibilità. Pensiamo ad esempio ai trenta miliardi investiti per le infrastrutture e la mobilità, che hanno come obiettivo l’ampliamento e l’ammodernamento della rete ferroviaria con conseguente riduzione delle emissioni inquinanti attraverso la decarbonizzazione. Allo stesso tempo, la digitalizzazione dovrebbe portare a stili di vita più sostenibili, ottimizzando le attività che potranno essere svolte ricorrendo alla tecnologia.

Ovviamente la semplice indicazione degli investimenti, per quanto importante, non è garanzia del loro corretto utilizzo. Una delle preoccupazioni maggiori infatti riguarda i tempi. L’Europa chiede risultati concreti già nei primi due anni successivi all’erogazione dei fondi ed entro sei anni i progetti devono essere conclusi. Un dato che, al di là dei capitoli, richiederà un necessario cambio di passo del nostro Paese a tutti i livelli.

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